"Il viaggiare è fatale per il pregiudizio, la bigotteria e la ristrettezza mentale, e molti di noi ne hanno profondamente bisogno per tali ragioni. Vedute ampie, sane e caritatevoli degli uomini e delle cose non possono essere acquisite vegetando in un piccolo angolo della terra per tutta la vita"
Mark Twain, 'The Innocents Abroad' (1869)
Con queste parole di 148 anni fa iniziava la mia e-mail indirizzata ai tanti viaggiatori a due ruote, per chiedere loro di contribuire, con le immagini dei loro viaggi, alla realizzazione di una mostra fotografica con finalità esclusivamente caritatevoli.
Le reazioni, le loro risposte, anche se conoscevo molto bene il mondo e lo spirito dei viaggiatori a due o anche tre ruote, sono andate ben oltre qualsiasi aspettativa, con più di 100 partecipanti fino a questo momento e l'idea, nata quasi per caso, è diventata un progetto di gruppo, proprio come era stata pensata all'inizio.
E di questo devo ringraziare ognuno di loro ancor prima della realizzazione materiale della mostra.
Differenti motivazioni, differenti propositi, ma molte cose in comune tra tutti i partecipanti. Uno spirito che può essere bene riassunto proprio dalle parole di Mark Twain usate per iniziare quella mia e-mail.
E' questo tipo di entusiasmo, questa curiosità verso il mondo e gli altri che danno senso al proprio viaggiare. La differenza è nel come attraversiamo il mondo, la vita in generale, e non solo a due ruote, nel cosa e come siamo capaci di vedere e sentire.
La bicicletta nella sua semplicità, come ha scritto uno dei partecipanti, è una 'macchina di libertà per la sua capacità di riconnetterci e riconciliarci con il mondo. Percorrere lunghe distanze al ritmo di una bici ci permette di vedere, pensare e sentire meglio il fluire della vita, così come il tempo perso lungo la via non è mai realmente perso e veramente sprecato se parliamo con qualcuno, se osserviamo un paesaggio differente e, in questo modo creiamo ponti invisibili, in un mondo sfortunatamente troppo spesso dedito, invece alla costruzione di muri e steccati.
Strada facendo, sviluppando questa iniziativa, mi è venuto da pensare alla possibilità di rivolgere, dedicare e pubblicizzare questa mostra in modo particolare al mondo scolastico, magari per offrire orizzonti più vasti di quelli offerti nel quotidiano, dallo schermo di uno smartphone o di un computer.
In un mondo meraviglioso gli umani sono spesso l'anello debole. In un mondo dove la scienza e la tecnologia hanno fatto in 70 anni salti in avanti nemmeno paragonabili a quelli dei secoli precedenti, gli esseri umani quando non seguono le proprie avidità, pregiudizi e presunzioni, spesso seguono semplici parole d'ordine preconfezionate che sembrano prevalere.
Parole forti, aggressive o la compassione di un minuto, il tempo di una notizia alla tv, sembrano essere la regola invece della ricerca di soluzioni, facendo anche piccole cose, personalmente e concretamente.
Nell'inverno di due anni fa ho partecipato agli interventi in aiuto dei senzatetto, nelle strade di notte, distribuendo cibo e coperte insieme a tanta gente come me, con una famiglia, lavoro e impegni, ma con il desiderio di fare qualcosa per gli altri in difficoltà . Ho visto come gente normale invece di chiudersi in casa, la sera, davanti a una tv, cercava di aiutare come possibile i meno fortunati.
Li ho visti in azione, senza nessuna enfasi o eroismo, persone normali capaci di considerare i meno fortunati come 'persone' e non degli invisibili come essi sono per la maggioranza e fare questo non solo distribuendo un pasto, ma avendo la capacità di ascoltare di dare calore umano e attenzione laddove spesso manca.
Non potendo più partecipare alla loro attività, per una serie di ragioni personali, ho pensato questo progetto come a un modo per sostenere l'attività dei volontari che continuano ad operare.
In un mondo dove i sommersi sono di gran lunga più dei salvati, l'idea è stata quella di coniugare qualcosa che ho sempre amato, come la fotografia, con la solidarietà, raccontando attraverso le immagini dei partecipanti i luoghi da loro attraversati, la loro bellezza, la tanta gente incontrata e che li ha accolti in casa, alla propria tavola.
L'idea di questo progetto, in qualche modo, scaturisce proprio dalla considerazione che il paradiso e, in primo luogo, sotto i nostri piedi e attorno a noi e dal contrasto esistente tra tale bellezza e la condizione umana.
Esistono dei gesti quotidiani come il prendere un caffè con dei colleghi, abitudini come quella di incontrarsi tra amici il sabato per una pizza al ristorante....ecco, mi piace pensare questo progetto in questo modo, come un piccolo aiuto (quel caffè-pizza) offerto simbolicamente da amici dai quattro angoli del mondo per rendere questo progetto realtà e, in questo modo, aiutare altri sconosciuti e meno fortunati amici.
Claudio O.
Le reazioni, le loro risposte, anche se conoscevo molto bene il mondo e lo spirito dei viaggiatori a due o anche tre ruote, sono andate ben oltre qualsiasi aspettativa, con più di 100 partecipanti fino a questo momento e l'idea, nata quasi per caso, è diventata un progetto di gruppo, proprio come era stata pensata all'inizio.
E di questo devo ringraziare ognuno di loro ancor prima della realizzazione materiale della mostra.
Differenti motivazioni, differenti propositi, ma molte cose in comune tra tutti i partecipanti. Uno spirito che può essere bene riassunto proprio dalle parole di Mark Twain usate per iniziare quella mia e-mail.
E' questo tipo di entusiasmo, questa curiosità verso il mondo e gli altri che danno senso al proprio viaggiare. La differenza è nel come attraversiamo il mondo, la vita in generale, e non solo a due ruote, nel cosa e come siamo capaci di vedere e sentire.
La bicicletta nella sua semplicità, come ha scritto uno dei partecipanti, è una 'macchina di libertà per la sua capacità di riconnetterci e riconciliarci con il mondo. Percorrere lunghe distanze al ritmo di una bici ci permette di vedere, pensare e sentire meglio il fluire della vita, così come il tempo perso lungo la via non è mai realmente perso e veramente sprecato se parliamo con qualcuno, se osserviamo un paesaggio differente e, in questo modo creiamo ponti invisibili, in un mondo sfortunatamente troppo spesso dedito, invece alla costruzione di muri e steccati.
Strada facendo, sviluppando questa iniziativa, mi è venuto da pensare alla possibilità di rivolgere, dedicare e pubblicizzare questa mostra in modo particolare al mondo scolastico, magari per offrire orizzonti più vasti di quelli offerti nel quotidiano, dallo schermo di uno smartphone o di un computer.
In un mondo meraviglioso gli umani sono spesso l'anello debole. In un mondo dove la scienza e la tecnologia hanno fatto in 70 anni salti in avanti nemmeno paragonabili a quelli dei secoli precedenti, gli esseri umani quando non seguono le proprie avidità, pregiudizi e presunzioni, spesso seguono semplici parole d'ordine preconfezionate che sembrano prevalere.
Parole forti, aggressive o la compassione di un minuto, il tempo di una notizia alla tv, sembrano essere la regola invece della ricerca di soluzioni, facendo anche piccole cose, personalmente e concretamente.
Nell'inverno di due anni fa ho partecipato agli interventi in aiuto dei senzatetto, nelle strade di notte, distribuendo cibo e coperte insieme a tanta gente come me, con una famiglia, lavoro e impegni, ma con il desiderio di fare qualcosa per gli altri in difficoltà . Ho visto come gente normale invece di chiudersi in casa, la sera, davanti a una tv, cercava di aiutare come possibile i meno fortunati.
Li ho visti in azione, senza nessuna enfasi o eroismo, persone normali capaci di considerare i meno fortunati come 'persone' e non degli invisibili come essi sono per la maggioranza e fare questo non solo distribuendo un pasto, ma avendo la capacità di ascoltare di dare calore umano e attenzione laddove spesso manca.
Non potendo più partecipare alla loro attività, per una serie di ragioni personali, ho pensato questo progetto come a un modo per sostenere l'attività dei volontari che continuano ad operare.
In un mondo dove i sommersi sono di gran lunga più dei salvati, l'idea è stata quella di coniugare qualcosa che ho sempre amato, come la fotografia, con la solidarietà, raccontando attraverso le immagini dei partecipanti i luoghi da loro attraversati, la loro bellezza, la tanta gente incontrata e che li ha accolti in casa, alla propria tavola.
L'idea di questo progetto, in qualche modo, scaturisce proprio dalla considerazione che il paradiso e, in primo luogo, sotto i nostri piedi e attorno a noi e dal contrasto esistente tra tale bellezza e la condizione umana.
Esistono dei gesti quotidiani come il prendere un caffè con dei colleghi, abitudini come quella di incontrarsi tra amici il sabato per una pizza al ristorante....ecco, mi piace pensare questo progetto in questo modo, come un piccolo aiuto (quel caffè-pizza) offerto simbolicamente da amici dai quattro angoli del mondo per rendere questo progetto realtà e, in questo modo, aiutare altri sconosciuti e meno fortunati amici.
Claudio O.
"Ho imparato che un uomo ha il diritto di guardare dall'alto in basso un altro uomo solo per aiutarlo a rimettersi in piedi."
Gabriel Garçia Màrquez
fotografie grazie alla collaborazione di Leah Denbok
http://www.leahdenbok.com/ http://ldenbokphotography.com/
L'idea iniziale era quella di realizzare una mostra fotografica per raccontare il mondo dei viaggiatori a due ruote e farlo per beneficenza, con fondi raccolti per creare delle disponibilità alimentari presso una o più catene distributive, per aiutare i senza tetto.
A quell'idea iniziale se ne è aggiunta una, ricordando come il semplice cartone di un elettrodomestico possa fare la differenza, in inverno, nelle giornate più fredde, rappresentando a volte la sopravvivenza quando le temperature scendono sotto lo zero, magari insieme a un sacco a pelo o ad una coperta termica di sopravvivenza.
Ma il creare e distribuire rifugi di emergenza non è pensato solo per fornire un riparo dal freddo, è anche un riparo dal giudizio e dalla curiosità, uno schermo di protezione minimo, di privacy e dignità, per chi si trova ai margini della società.
Persone ai margini, 'Sul fondo' come nel titolo di una piece teatrale di Maksim Gorkij, senza colpa a mano che non si voglia considerare colpevole l'essere espulsi dai processi produttivi per la crisi economica oppure il vivere un disagio sociale o mentale.
Questa iniziativa si propone solo questo, dare una mano a chi ne ha bisogno, senza nessun giudizio o eroismo, solo perché è quello che è giusto fare.
A quell'idea iniziale se ne è aggiunta una, ricordando come il semplice cartone di un elettrodomestico possa fare la differenza, in inverno, nelle giornate più fredde, rappresentando a volte la sopravvivenza quando le temperature scendono sotto lo zero, magari insieme a un sacco a pelo o ad una coperta termica di sopravvivenza.
Ma il creare e distribuire rifugi di emergenza non è pensato solo per fornire un riparo dal freddo, è anche un riparo dal giudizio e dalla curiosità, uno schermo di protezione minimo, di privacy e dignità, per chi si trova ai margini della società.
Persone ai margini, 'Sul fondo' come nel titolo di una piece teatrale di Maksim Gorkij, senza colpa a mano che non si voglia considerare colpevole l'essere espulsi dai processi produttivi per la crisi economica oppure il vivere un disagio sociale o mentale.
Questa iniziativa si propone solo questo, dare una mano a chi ne ha bisogno, senza nessun giudizio o eroismo, solo perché è quello che è giusto fare.
progetti e rendering grazie alla collaborazione dell' Arch. Alessandro Di Prisco
https://www.alessandrodiprisco.com/ https://www.alessandrodiprisco.com/urbankit